Cannabis e adolescenza: una sostanza cambiata, un cervello vulnerabile

L’adolescenza è un periodo critico di crescita e trasformazione, in cui il cervello attraversa importanti modificazioni strutturali e funzionali. La corteccia prefrontale, responsabile del controllo degli impulsi, della regolazione delle emozioni, della pianificazione e del giudizio, continua a maturare fino ai 25 anni circa. Nel frattempo, il sistema limbico, sede delle emozioni e del circuito della ricompensa, è già pienamente attivo sin dalla pubertà.

Questo squilibrio rende gli adolescenti più esposti alla ricerca di gratificazione immediata e meno capaci di valutare i rischi. È proprio in questa fase di plasticità neurale che l’ambiente, le esperienze e le sostanze assunte possono avere effetti profondi e duraturi sulla struttura e sul funzionamento del cervello.

La dipendenza da sostanze psicoattive, tra cui la cannabis, si basa sull’attivazione anomala del sistema dopaminergico, lo stesso che regola il piacere e la motivazione. Come spiegato dalla psichiatra Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse, tutte le droghe agiscono aumentando artificialmente il rilascio di dopamina, alterando così il circuito della ricompensa.

Questo porta a un condizionamento associativo (di tipo pavloviano): il cervello comincia a rispondere in modo automatico a stimoli che precedono l’assunzione della sostanza, luoghi, persone, emozioni, con un’intensa anticipazione del piacere. Si innescano così brame compulsive, vere e proprie “abbuffate di sostanza”, difficili da controllare, che non si esauriscono nemmeno con la fine dell’effetto o con l’interruzione dell’uso.

Le nuove tecniche di neuroimaging confermano che l’uso abituale di cannabis, soprattutto se precoce, altera le strutture cerebrali responsabili della memoria, dell’apprendimento, della regolazione emotiva e del controllo motorio. Sono state osservate riduzioni del volume dell’ippocampo e della corteccia cerebrale, alterazioni nel connettoma (la rete di connessioni neuronali) e una compromissione delle funzioni esecutive come attenzione, memoria, autocontrollo e capacità decisionale.

Anche nei soggetti più brillanti e funzionali, l’uso di cannabis in adolescenza può comportare un calo drastico del rendimento scolastico, della concentrazione e della motivazione.

Per molti anni la cannabis è stata percepita come una sostanza leggera, inoffensiva, legata a un immaginario di ribellione, rilassamento e serenità. Tuttavia, la cannabis in commercio oggi è molto diversa da quella degli anni ’70.

Negli ultimi decenni, la percentuale di THC, il principio attivo responsabile degli effetti psicoattivi, è aumentata in modo significativo a causa di selezioni genetiche, metodi di coltivazione intensiva e trattamenti artificiali. Parallelamente, è diminuito il contenuto di CBD, il cannabidiolo che mitiga gli effetti eccitatori del THC. Il risultato è un prodotto molto più potente, meno bilanciato, potenzialmente tossico.

Un recente studio pubblicato a dicembre 2023 da tre neuroscienziati, Martine Skumlien, Christelle Langley e Barbara J. Sahakian, ha evidenziato l’esistenza di una costellazione sintomatica tipica legata all’uso cronico di cannabis, definita sindrome amotivazionale da cannabis. Analizzando dati raccolti negli ultimi cinque anni, i ricercatori hanno riscontrato che i consumatori di cannabis, rispetto a chi assumeva placebo, mostravano una minore disponibilità a impegnarsi per ottenere ricompense, già in fase acuta.

L’apatia osservata nei partecipanti non era semplicemente un effetto collaterale, ma un indicatore di un potenziale stato amotivazionale persistente. Questo effetto è particolarmente pronunciato nei consumatori abituali, soprattutto se l’assunzione avviene più volte al giorno. Molti giovani che fanno uso intensivo di cannabis tendono ad abbandonare la scuola o l’università, mostrando un crollo della motivazione, ottundimento emotivo, difficoltà a immaginare scenari futuri e un generale stato di apatia superiore a quello tipico dell’adolescenza. Tali sintomi possono rappresentare l'inizio di una cronicizzazione dei danni legati al consumo.

Cannabis: intossicazione acuta e cronica

Esistono due quadri distinti di intossicazione da cannabis:

  • Intossicazione acuta: si manifesta rapidamente e comprende sintomi come ansia, sospettosità, aggressività, paranoia, ritiro sociale, attacchi di panico e spesso esperienze angoscianti note come bad trip, che possono lasciare una traccia emotiva duratura sotto forma di flashback.
  • Intossicazione cronica: insorge progressivamente ed è caratterizzata da umore depresso, apatia, anedonia (incapacità di provare piacere), riduzione degli interessi, difficoltà ad addormentarsi senza cannabis, verbalizzazione malinconica e sindrome amotivazionale. In questi casi non è raro che vengano prescritti psicofarmaci, soprattutto antidepressivi dopaminergici, per contrastare gli effetti di questa cronicizzazione.

Cannabis, depressione e rischio suicidario

Un numero crescente di studi ha esaminato il legame tra consumo di cannabis, depressione, ansia e comportamenti suicidari. Una metanalisi condotta dalla psichiatra Gabriella Gobbi di Montréal ha analizzato 11 studi su oltre 23.000 adolescenti. I risultati sono chiari: l’uso di cannabis in adolescenza è associato a un rischio significativamente aumentato di sviluppare depressione e di manifestare ideazione suicidaria, anche in assenza di precedenti disturbi psichiatrici.

La cannabis, dunque, non solo può compromettere la motivazione e il funzionamento cognitivo, ma rappresenta un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di sofferenze psicologiche profonde, potenzialmente gravi.

La tossicità del THC non è uniforme: varia a seconda dell’età, della genetica, dello stato psichico, dei conflitti emotivi irrisolti e della frequenza di assunzione. Tuttavia, è ormai assodato che l’uso cronico e precoce di cannabis può aumentare il rischio di disturbi psicotici, soprattutto nei soggetti predisposti e interferire con la costruzione dell’identità, ostacolando lo sviluppo affettivo e sociale.

Oggi la cannabis non è più il simbolo della controcultura. È un prodotto globalizzato, che genera profitto ed è soggetto a dinamiche di mercato. In molte zone non regolamentate, le versioni vendute come “naturali” contengono cannabinoidi sintetici (come l’HHC), altamente tossici e imprevedibili nei loro effetti.

Questo scenario espone gli adolescenti a un rischio molto più elevato rispetto al passato.

Informare per proteggere: una responsabilità adulta

La prevenzione non passa dalla demonizzazione, ma da una comunicazione chiara, scientificamente fondata e accessibile. Gli adulti, genitori, insegnanti, educatori, devono essere consapevoli che la cannabis attuale è una sostanza molto più potente e pericolosa rispetto a quella di una generazione fa, e che il cervello adolescenziale non è attrezzato per gestirne gli effetti senza conseguenze.

Aiutare i giovani a fare scelte consapevoli significa fornire loro strumenti di conoscenza, comprensione e riflessione  e farlo con rispetto, vicinanza e autorevolezza.

Dott.ssa Stefania Casadei


Bibliografia

L.Pigozzi, L'età dello sballo, Rizzoli 2024.

Skumlien, M., Langley, C., & Sahakian, B. J. (2023). Is cannabis use associated with motivation? A review of recent acute and non-acute studies. Current Behavioral Neuroscience Reports, 10, 181–190.

Gobbi G, Atkin T, Zytynski T, Wang S, Askari S, Boruff J, Ware M, Marmorstein N, Cipriani A, Dendukuri N, Mayo N. Association of Cannabis Use in Adolescence and Risk of Depression, Anxiety, and Suicidality in Young Adulthood: A Systematic Review and Meta-analysis. JAMA Psychiatry. 2019 Apr 1;76(4):426-434. doi: 10.1001/jamapsychiatry.2018.4500. Erratum in: JAMA Psychiatry. 2019 Apr 1;76(4):447. doi: 10.1001/jamapsychiatry.2019.0464. PMID: 30758486; PMCID: PMC6450286.

 

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